Ugo Foscolo - Opera Omnia >>  La croce




 

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      Abbracciava il creato immensa notte,
e nel deserto con ruggir feroce
rompeano i turbi lor sonanti grotte;

      quando tuonar udii terribil voce,
che dal sonno mi scosse, e all'aere in grembo
vidi alto balenar rovente Croce.

      Piovea di sangue e di fiammelle un nembo,
cui sette Serafini a capo chino,
onde raccor, stendean l'aurato lembo,

      e aprissi il cielo e scese un Cherubino
con un calice in mano ov'era scritto
a note di adamante: AMOR DIVINO.

      E poi ch'ebbe tré volte circoscritto
lo spazio delle sfere, a posar venne
sul tronco ove lavossi ogni delitto;

      indi abbracciollo, e cantico solenne
coi spiriti minori erse in dolore
dolce battendo di fulgor le penne,

      e a me, cui maestà cerchiava il coro,
scrivi scrivi, gridò, ciò che vedrai,
ché queste son l'alt'opre del Signore.

      A lui per riverenza io m'atterrai,
e al suon di tromba vidi in Orïente
splender igniti abbarbaglianti rai,

      e venir vidi in leggiadria decente
amabil Verginella, alla cui fronte
ornamento facea candor lucente.

      Così non luce mai vermiglio il monte
cui batte il Sol di sera, e sì non luce
sul mattin odoroso l'orizzonte.

      Nube che fior sparpaglia la conduce
per l'aer leggiadramente, ed al suo lato
fervida stassi Carità per duce.

      Di mite venticel fragrante fiato
spingea la bianca nube, e dir parea:
in uffizio sì caro io son beato.

      E poi che giunse là 've risplendea
l'augusta Croce, e di Angeli uno stuolo
radiante corona le facea;

      troncò la nube candidetta il volo,
e soffermossi a pie del Cherubino,
che scese i Cieli maestoso e solo.

      Ed ei sul capo riverente e chino
dell'innocente Vergine la palma
stese, e sparse su lei sermon divino.

      E le dipinse la placida calma,
che ascosa al mondo sotto un puro ammanto
gode al raggio di Dio beata un'alma:

      e al suo parlar svegliossi da ogni canto
un'indistinta soave armonia
un dolce dolce amorosetto canto.

      Pinse come sui Cieli rifioria
d'amaranto immortale un vago serto
per chi l'inferno ed il peccato obblia:

      e al suo parlar vezzosamente aperto
si vide il prato ne' coler più gai,
e di fioretti amabili coperto.

      Del Paradiso le beltà vedrai,
le disse; e tutta a un tratto si cosperse
l'Etra di gioja, di candor di rai.

      Ma tosto d'atro orror si ricoverse,
brontolar tuoni, serpeggiare lampi
quando a morte e a terror la bocca aperse,

      e pinse come per i negri campi
delle tempeste, l'alto Dio passeggia,
e qual di fiamme e di buffere avvampi

      piena d'aspri Lion l'empirea reggia
e qual su nubi negre e sanguinose
con igneo brando la Giustizia seggia.

      Tremante allor con luci timorose
si strinse alla sua duce la Donzella,
e nel suo petto il volto si nascose.

      Poi s'alzava, qual dopo la procella
pian pian tragge dal nido il collo e guata
l'impaurila ingenua colombella.

      Indi com'ebbe alquanto confortata
l'etereo messaggier dolce e clemente
la timidetta Vergine beata,

      al labbro le appressò del rifulgente
calice l'orlo, e con i lumi al Cielo
essa il libò pietosa e ubbidiente.

      Siccome spunta il Sol senza alcun velo,
ratto eli'arse negl'occhi, e nel sembiante
splendidamente di celeste zelo;

      e più che al tergo avesse ed alle piante
d'aquila i vanni, di salute al Legno
Lanciossi e affisse le sue labbia sante.

      Il maggior Cherubino allor fé' segno
ai sette Spirti, e rapidi il seguirò
del firmamento ver lo schiuso regno:

      e in estasi di gioia e di martire
lasciar quell'Angioletta sulla Croce,
che or lagrima spargeva ed or sospiro.

      Poi tutto sparve; che tremenda voce
rintuonò intorno, e da' lor cupi abissi
tornar la notte e il turbine feroce,

      e ancor tremando quel che vidi io scrissi.



EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Ugo Foscolo - Opere - Tomo I", edizione diretta da Franco Gavazzeni, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli, 1974







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